martedì 5 aprile 2016

Tutti i robot di Isaac Asimov


Isaac Asimov (Petroviči, URSS 1920 – New York 1992) è considerato da molti critici come uno dei padri della fantascienza, grazie a un numero elevatissimo di pubblicazioni (qualche centinaio) che spaziano in vari sottogeneri. È invece a tutti gli effetti il padre della robotica: infatti, nei suoi racconti e in alcuni romanzi, ha stilato le famose tre leggi che regolano i rapporti tra automi ed esseri umani, e ne ha affrontato le contraddizioni e le possibili difficoltà. Le tre leggi della robotica recitano infatti:
Prima legge: Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
Seconda Legge: Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, a meno che questi ordini non contrastino con la Prima Legge.
Terza Legge: Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, a meno che questa autodifesa non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.
Quindi, si tratta di un sistema che non permette via di scampo e perciò del tutto sicuro. Vedremo che non è così: come dovrebbe comportarsi un robot che riceve un ordine da un uomo o una donna che si sono macchiati di delitti? Come agirebbe se dalla perdita di una o poche vite umane dipendesse il destino dell’intera umanità? Viceversa, come reagiscono gli uomini all’avvento dell’intelligenza artificiale? Come si sentono quando vengono sostituiti da quella che, sebbene umanoide, rimane sempre una macchina? Come avvengono le interazioni tra le due parti quando nascono sentimenti quali amicizia o amore? Ma un robot può provare dei sentimenti sinceri o rimangono comunque formule matematiche che imitano le sensazioni umane?
A tutto questo Asimov prova a dare risposta, analizzando di volta in volta varie situazioni che egli stesso individua e diversifica nella raccolta Tutti i miei robot, pubblicata per la prima volta nel 1982, che raggruppa racconti già presenti nelle altre opere che costituiscono l’Antologia dei robot.

La prima questione che andiamo ad affrontare è quella riguardante i robot non umani, ovvero i robot in forma animale, che in un mondo futuro, probabilmente sconquassato da avvenimenti apocalittici, naturali o artificiali, potrebbero sostituire gli animali in carne ed ossa: la tesi sembra essere quella che l’essere umano possa effettivamente provare affetto per un surrogato di amico a quattro zampe, ma non sapremo mai se questo sentimento verrà ricambiato.
Veniamo ora alle macchine vere e proprie, rispettivamente robot immobili e robot di metallo. I primi sono dei supercervelloni elettronici che hanno il compito di svolgere qualche mansione, ad esempio la gestione di una fabbrica, o la soluzione di determinati problemi matematici: la loro spiccata intelligenza li porta però a sentirsi rinchiusi nella propria scatola costretti a fare sempre lo stesso lavoro, tanto da spingerli al malfunzionamento fino a un tentativo di ribellione. I secondi sono per lo più macchine operatrici intelligenti, che si rendono protagonisti di gesti inconsulti simili a quelli compiuti dai robot immobili, ma molto più pericolosi per gli esseri umani.
I robot dalla forma umana sono, naturalmente, i più interessanti, e sono quelli cui Asimov dedica più tempo e spazio. Questi androidi possono anche presentare difetti di fabbricazione che ne inibiscono il corpo o la mente (costituita dal cervello positronico), ma cosa succede quando sorgono problemi con macchine che non hanno apparentemente alcun difetto? È la questione cui si tenta di dare risposta nelle sezioni dedicate a Powell e Donovan, due tecnici che si ritrovano spesso nei guai a causa di uno o più robot, e che si salvano nella maggior parte dei casi in modo fortuito, e in quella, molto più ampia, relativa a Susan Calvin. La dottoressa Calvin è la prima, e unica, fino al pensionamento, robopsicologa: si occupa infatti di scavare la psicologia dei robot che apparentemente non presentano alcun danno fisico, attraverso domande specifiche, situazioni estreme, fino a rischiare la propria vita per dimostrare la bontà di fondo della tecnologia positronica e delle tre leggi. In diverse occasioni è chiamata a collaborare con la polizia, nei casi in cui si pensa sia stato un robot a compiere reati, e riesce sempre a trovare il colpevole dove tutti gli altri vedono androidi tutti perfettamente uguali. Il suo carattere, però, la porta ad essere profondamente sola, priva di calore umano e incapace di amare.
Ci avviamo alla fine del volume, dove sono collocati, non a caso, i racconti che costituiscono possibili apoteosi dell’esistenza di un robot. L’uomo bicentenario è probabilmente la vicenda più nota, grazie anche al bellissimo film omonimo di Chris Columbus, con protagonisti Robin Williams ed Embeth Davidtz: il protagonista, NDR 113, ribattezzato Andrew, inizia la propria esistenza come maggiordomo e tata per la famiglia Martin, cui si affeziona tanto da volerne far parte; chiede la formale libertà al Signore (interpretato da Sam Neill), appoggiato dalle figlie, e alla fine la ottiene; nel frattempo dimostra una grande abilità nel lavorare il legno, tanto da potersi permettere un solido conto in banca e di contribuire alle spese familiari. Dopo essersi trasferito, e mentre intorno a lui le persone che conosce si ammalano, invecchiano e muoiono, decide di diventare un essere umano, facendosi prima impiantare vera pelle e veri capelli, e poi via via tutti gli organi interni. Arriva davanti a una corte che deve decretare la sua umanità, mentre si avvia ai 150 anni di “vita”: la corte rifiuta, in quanto la parte più importante di un essere umano, il cervello, rimane quello positronico artificiale. Passano altri anni, e finalmente decide di trapiantare anche quello, ben sapendo che sarebbe morto di lì a poco sotto il peso dei suoi 200 anni: allora la corte gli riconosce definitivamente lo status di essere umano, e lui si addormenta felice per l’ultima volta. Nel film, romanzato ad hoc, si interpone anche la storia d’amore tra un ormai quasi umano Andrew e la bisnipote del Signore, vicenda assente nel racconto.
Sogni di robot, che vede come protagonista ancora una volta Susan Calvin, si conclude invece molto velocemente e in modo negativo: infatti, un robot che ha confessato di aver sognato, dopo aver descritto il sogno, viene semplicemente distrutto. Non si può infatti permettere a un automa la capacità di sognare, in quanto gli aprirebbe infinite possibilità: ad esempio, non riuscendo più a distinguere la realtà dall’esperienza onirica, potrebbe non curarsi più delle tre leggi, oppure potrebbe sognare un dominio robot sugli esseri umani, e volerlo poi realizzare.
Abissi d’acciaio è il racconto più lungo del volume Il grande libro dei robot: si tratta di una vicenda a metà strada tra il fantascientifico, per la presenza dei robot in una New York futuristica e racchiusa nel sottosuolo (in quanto l’aria non è più pura), e il giallo, per il caso di omicidio che ne caratterizza la trama. Nella città di Spacetown, sopraelevata rispetto alla vecchia Terra, vivono i cosiddetti spaziali, uomini colti, retti e alquanto altezzosi, insofferenti alla rozzezza dei terrestri; qui avviene un omicidio, del quale, si dice, il colpevole deve essere un cittadino della vicina New York. La polizia metropolitana, nella persona di Elijah Baley, deve collaborare con un collega spaziale, che è un robot perché nessun spaziale scende nella sporca e malaticcia Terra. Inizia quindi una strana convivenza dei due, caratterizzata prima da un certo sospetto e da reticenza, poi da complicità che sfocia quasi nell’amicizia (se questo volesse mai dire qualcosa per un robot comunque avanzatissimo come R. Daniel): scoprono quindi una organizzazione che rifiuta le ultime innovazioni tecnologiche, primi fra tutti i robot, e propone invece un ritorno alle campagne, ormai abbandonate e lasciate ai contadini meccanici; il colpevole dell’omicidio si rivela essere un rappresentante di questo gruppo, davvero insospettabile perché insignito di un’alta carica cittadina. Il futuro della razza umana, invece, viene individuato nella ricerca e colonizzazione di altri pianeti abitabili (già trenta pianeti sono stati esplorati al momento in cui si svolge la vicenda).

Una serie di problematiche, quindi, che sulla base delle tre leggi non dovrebbero esistere e che invece sono reali ed estremamente pericolose per gli esseri umani.

La robotica sta effettivamente muovendo i suoi primi passi in questo inizio di terzo millennio: le stesse leggi che regolavano personaggi di racconti fantascientifici ora vengono inoculate nella semplice intelligenza artificiale che abbiamo creato e vogliamo portare a livelli superiori. Saranno sufficienti?