giovedì 31 marzo 2016

Il Football americano


Proseguiamo la carrellata di sport cosiddetti minori con il mio preferito, naturalmente, quello che pratico: il football americano. In Italia questa disciplina ebbe grande successo soprattutto negli anni ’80, durante i quali sono nate molte squadre ancora attive, che coinvolgevano un discreto pubblico e quindi interessava anche sponsor importanti. Il football, poi, è quasi scomparso dal panorama italiano. Negli ultimi anni sembra invece conoscere una certa rinascita, come dimostra la fondazione di diverse nuove squadre anche in piccoli centri urbani. Le zone a più alta concentrazione di compagini rimangono l’Emilia-Romagna, le Provincie di Milano e Varese, l’area metropolitana di Roma.

Il football nacque negli anni ’60 dell’Ottocento nelle università di Boston, come evoluzione del rugby a 15 giocatori. Nei decenni successivi vennero stilati diversi regolamenti, ad esempio quello riguardante la presenza di 11 giocatori in campo e quello sull’introduzione dello scrimmage. Va detto che per lungo tempo, almeno fino alla nascita delle leghe quali National Football League e American Football League, le regole fissate non hanno impedito decessi o infortuni anche molto gravi, tanto da richiedere, tra gli altri, l’intervento personale del Presidente Theodore Roosevelt nel 1905.
Ad oggi, comunque, il football è uno degli sport più popolari d’America, quando non il più popolare: quasi tutte le high school e i college ne offrono infatti tra i loro programmi sportivi la pratica, anche tramite borse di studio per gli atleti che non possono permettersi l’iscrizione ai corsi (come accade anche nel caso di altre discipline sportive come la pallacanestro e l’atletica leggera). Tutti i giocatori professionisti, che militano nella famosa NFL, provengono infatti dall’università; anche i pochi giocatori non americani sono sottoposti a un periodo di “prova” presso uno di questi istituti, che sembrano gli unici in grado di fornire la preparazione fisica, atletica e tattica necessaria.

Veniamo ora ad analizzare più da vicino questo bellissimo sport, cominciando da chi lo fa, cioè dai giocatori in campo.
Il football nella variante tackle (la più diffusa) si gioca 11 contro 11. Sono previste anche la versione 9 contro 9 (detta arena, perché negli Stati Uniti si gioca indoor, mentre in Italia ci si gioca su un campo normale, leggermente più stretto) e la versione flag, in cui non si placca ma si deve rubare la bandierina al giocatore che porta la palla.
I ruoli sono ben definiti: in attacco vi sono cinque uomini di linea (che diventano tre nel football a 9), che non possono ricevere il pallone, e altri sei uomini che invece possono. I linemen sono: il centro, grosso, forzuto e veloce con le gambe, che deve snappare il pallone (cioè farlo passare all’indietro tra le gambe) per dare inizio all’azione e poi proteggere chi lancia o chi porta la palla; al suo fianco vi sono le guardie, destra e sinistra, con caratteristiche simili ma che non devono preoccuparsi del pallone; ai fianchi esterni delle guardie stanno i tackle, destro e sinistro, che devono essere più mobili dei compagni di linea perché avranno quasi certamente a che fare con difensori più veloci. A seconda dello schema che si andrà ad eseguire, può essere presente un sesto uomo di linea, detto tight end: si tratta di un giocatore versatile, grosso tanto da poter competere con i suoi compagni di reparto, ma con buona corsa e buone mani perché potrebbe essere chiamato a ricevere la palla. Alle spalle della linea giocano il quarterback, regista e spesso capitano, che ha il compito di riferire gli schemi dettati dall’allenatore e di farli eseguire alla perfezione: un suo errore può determinare una palla persa e conseguente possesso da parte degli avversari, o addirittura una segnatura della difesa. Alle sue spalle stanno i running back, giocatori compatti e veloci che partono palla in mano e, sfruttando i blocchi della linea, corrono fino al placcaggio o alla segnatura. Più esterni, solitamente uno a destra e uno a sinistra, attendono i ricevitori: veloci, abili a smarcarsi e nel prendere e tenere il pallone, come dice il loro nome devono ricevere il lancio del quarterback e correre anch’essi fino al placcaggio o alla segnatura (nel football infatti è possibile un solo passaggio in avanti, e solitamente ci si limita anche ad un solo passaggio all’indietro benché non ci siano limiti imposti).
Per quanto riguarda la difesa, incontriamo anche qui una linea composta da tre o quattro giocatori (tre o due nella versione a 9): questi, che prendono il nome di defensive tackles al centro e defensive ends all’esterno, sono grossi, veloci e aggressivi; il loro compito consiste nel fermare sul nascere le corse e impedire od ostacolare i passaggi. Alle loro spalle stanno i linebackers, tre o quattro a seconda dello schema: velocissimi, forti e abili placcatori, devono porre fine alle corse eventualmente sfuggite alla linea e controllare le traiettorie dei passaggi corti; a volte possono essere assegnati alla marcatura a uomo di un avversario particolarmente forte. All’esterno, a uomo sui ricevitori o a zona, troviamo i cornerbacks, con caratteristiche simili ai ricevitori ma buoni placcatori: un loro errore apre infatti la strada al touchdown. Lo stesso si dica per la o le safety, giocatori che come dice il nome costituiscono la “sicurezza” contro un avversario che riuscisse a sfuggire.
A questo punto vale la pena soffermarci sulla numerazione: a prima vista, infatti, sembrerebbe che qualsiasi giocatore possa scegliere un numero qualsiasi, che raramente si vede negli sport più diffusi in Italia, come 99 o 65. Non è proprio così: gli intervalli di numeri, infatti, determinano il ruolo del giocatore, in questo modo (regolamento NFL, che può non essere seguito perfettamente in altri campionati):
1-19 – quarterback e ricevitori
20-49 – running back, cornerback e safety (da 40 a 49 anche tight end)
50-59 – linebacker e linemen
60-79 – linemen
80-89 – ricevitori e tight end
90-99 – linebacker e linemen di difesa
In tutti i casi, i giocatori con numero da 50 a 79 non possono essere destinatari di passaggio, si dicono cioè in gergo “ineleggibili”.

Per quanto riguarda il campo da gioco, è lungo 100 yards da una linea di meta all’altra (goal line) ed è largo 53,5 yards. L’area di meta, o end zone, misura 10 yards e ospita al suo interno le porte. Lungo il campo vi sono altre linee longitudinali a distanza di 5 yards una dall’altra, e dei trattini che misurano le singole yard (queste spesso non vengono disegnate sui campi italiani), e contemporaneamente determinano la hash mark, cioè il punto più a destra o a sinistra del campo da cui può partire l’azione, a seconda di dove è terminata quella precedente.

Veniamo ora alle regole basilari del gioco.
Lo scopo della formazione di attacco è guadagnare terreno fino a raggiungere la meta, cioè il touchdown (6 punti): per farlo ha a disposizione quattro tentativi per coprire 10 yards, tramite corse o lanci (ovviamente si possono coprire 10 o più yards anche con una sola corsa o un solo lancio, anzi tanto meglio), una volta superate ne avrà altri quattro e così via finché raggiungerà il fondo del campo. Dopo questa segnatura è possibile tentare un calcio di trasformazione tra i pali (o extra point, 1 punto) o una giocata “alla mano” aggiuntiva (2 punti). Ogni tentativo comincia esattamente sulla linea immaginaria presso la quale è stato fermato il tentativo precedente (sempre all’interno delle hash marks). Qualora non si riuscisse a coprire le 10 yards, si può decidere se giocare il quarto tentativo, rischiando che la squadra avversaria cominci la sua rincorsa al touchdown da posizione favorevole, si può optare per il punt (o calcio di allontanamento), nel quale comunque il pallone può essere raccolto al volo e riportato fino al placcaggio o alla segnatura, oppure infine si può tentare un field goal (o calcio piazzato, 3 punti), solitamente quando l’azione viene fermata a non più di 30 yards dalla end zone perché diventerebbe molto impegnativo.
In tutto questo, la difesa ha ovviamente il compito di impedire all’attacco di portare a compimento i propri schemi. I difensori possono anche giocare il pallone, quando il portatore viene placcato e perde la palla (si verifica un fumble, che può essere raccolto da chiunque e rimane in gioco), oppure quando si esegue un intercetto, ovvero quando il pallone destinato al ricevitore viene “rubato” al volo: in entrambi i casi il difensore che ora corre palla in mano può segnare un touchdown o comunque guadagnare molto terreno a favore del proprio attacco. La difesa può inoltre portare a referto dei punti placcando il portatore di palla all’interno della propria end zone, o facendolo uscire dal campo in corrispondenza di quest’ultima: si parla allora di safety, e vale 2 punti.
Dopo ogni segnatura, e all’inizio del primo e del terzo quarto (si gioca su quattro quarti di 15 minuti ciascuno, o più brevi nei campionati inferiori), il gioco ricomincia con un calcio o kick off, dall’altezza delle 35 yards difensive, mediante il quale si restituisce il pallone agli avversari, che, se sono abili, possono anche prenderlo e riportarlo in touchdown.
Come abbiamo visto, quindi, anche le situazioni che possono sembrare di transizione, come quelle che prevedono i calci e non il gioco alla mano, sono molto importanti perché potenzialmente consentono alle squadre in campo di guadagnare o subire dei punti.
Durante la fase attiva di gioco, i giocatori possono subire colpi, essere strattonati, spinti, buttati a terra, ma sempre in base a regole ben precise, che purtroppo limitano ma non escludono infortuni e situazioni spiacevoli: è bene dunque leggere attentamente il prossimo paragrafo.

Grande attenzione meritano infatti le protezioni consentite ai giocatori, trattandosi di uno sport di contatto fino alla collisione.
Le protezioni obbligatorie sono: il casco, che protegge la testa dalla nuca alla fronte, ai lati tramite la calotta (che di solito è la parte colorata e con adesivi che identificano la squadra), la faccia tramite la facemask o griglia e il mento con la mentoniera (tutte queste parti sono avvitate tra loro in modo sicuro); il paradenti; il paraspalle o shoulderpad, che protegge le spalle, il busto fino allo sterno e la schiena fino a un certo punto; protezioni di fianchi, coccige, cosce e ginocchia, solitamente inserite negli stessi pantaloni da gioco o in pantaloncini da portare sotto.
Protezioni non obbligatorie, ma molto usate sono la conchiglia o sospensorio, il paracollo o collar (volto a evitare buschi movimenti del collo e della testa e per questo utilizzato soprattutto dai placcatori), il paracostole (utilizzato soprattutto dai ricevitori), il backplate (per proteggere la colonna vertebrale). Vi sono poi altre protezioni meno usate, come quella per il bicipite o per l’avambraccio, che di solito vengono sostituite da fasciature o portate da chi ha già subito un infortunio nella zona interessata.
I guanti meritano una menzione a sé stante, perché possono essere considerati sia una protezione, è il caso ad esempio degli uomini di linea che altrimenti si martirizzerebbero ogni volta le mani contro le protezioni rigide degli avversari, sia un aiuto, ad esempio per chi deve ricevere e/o tenere il pallone, sia un impedimento, soprattutto per il quarterback che deve avere piena sensibilità.

Di tutte le protezioni e attrezzature descritte esistono diversi modelli e diverse marche più o meno economiche e più o meno performanti: a mio parere, il casco dovrebbe avere la priorità sulla spesa, che comunque, lo dico a coloro che si avvicinano a questo sport, può essere importante ma anche meno di quanto si creda.

martedì 15 marzo 2016

Il Rugby


Desidero inaugurare la pagina sportiva del mio blog presentandovi uno sport che fino a pochi anni fa veniva considerato “minore”, ma che negli ultimi tempi, grazie soprattutto agli sponsor e all’interesse mediatico più che alle vittorie sul campo, sta acquisendo sempre più importanza: il rugby.

Parlando brevemente della storia di questo sport, esso ebbe leggendariamente origine nel 1823, presso la Rugby school nell’omonima città, quando un giocatore di football (allora non esistevano molte discipline con questo nome, cui ci si riferiva semplicemente come “gioco del pallone”, e non erano state stilate delle regole precise), William Webb Ellis, prese la palla con le mani, corse verso l’area di porta avversaria, la schiacciò a terra e gridò “Meta!” (in inglese “try”). Dopo questo avvenimento, il rugby, così come il calcio e le altre varianti del football, venne più volte regolamentato, fino ad arrivare alle regole attuali. Va altresì ricordato che antenati più antichi del gioco del pallone si possono rilevare in sport medievali o dell’età moderna, e forse ancora più a ritroso nella storia. Si confronti, ad esempio, il “Calcio storico fiorentino”, tuttora praticato nella città.

Del rugby esistono oggi alcune varianti, di cui le più conosciute sono quelle a 15 giocatori (rugby union) e a 7 giocatori (rugby sevens); vi sono poi le varianti a 13 (rugby league), 10 o 9 giocatori (le ultime due molto rare) e quella con il minimo contatto fisico, senza placcaggi, di solito praticata dai bambini per imparare le regole e dagli adulti come allenamento o diletto (touch rugby).

Veniamo ora a descrivere la squadra di rugby a 15 (il più praticato in Italia), il campo, e alcune regole del gioco.

I 15 giocatori si dividono principalmente in due gruppi: gli “avanti” o uomini di mischia (8) e i tre quarti (7). Nel dettaglio:
- piloni (numero di maglia 1, 3, 17, 18). Sono i più grossi e forti della squadra, sulle loro spalle grava il peso della mischia e possono essere chiamati a portare palla per cercare di sfondare le linee difensive avversarie. Il loro lavoro è logorante e molto stancante, solitamente vengono sostituiti entrambi nel corso del secondo tempo, ma in caso di infortunio di un giocatore subentrato devono tornare in campo perché solo un pilone può sostituirne un altro;
- tallonatore (numero 2 e 16). Nella mischia sta in prima linea, tra i piloni. È anch’egli grosso e compatto ma deve possedere la tecnica necessaria a due fasi di gioco importantissime (che descriverò in seguito): nella mischia deve infatti tallonare il pallone dalla propria parte, stando quindi in equilibrio su una gamba sola mentre l’altra caccia il pallone, e nella touche o rimessa laterale deve lanciare precisamente il pallone ai compagni;
- seconde linee (numero 4, 5, 19 e talvolta 20). Sono solitamente i giocatori più alti, e sono anche grossi ma più longilinei dei piloni. Devono infatti sfruttare la loro altezza per arrivare sui palloni più alti, e il loro peso per infrangersi sull’avversario e tentare di rompere la difesa;
- flanker o terze linee (numero 6, 7, 20). Sono un po’ meno grossi dei giocatori già descritti ma molto veloci. Devono essere in grado di ripartire rapidamente sia nella fase di attacco per sostenere il compagno che porta palla o in difesa per placcare e fermare la ripartenza avversaria.
- numero 8 o terza linea centro (numero 8 e 20). È grande e grosso quasi come una seconda linea, veloce per partire con il pallone che esce dalla mischia, che lui stesso controlla essendone l’ultimo uomo: oltre al fisico, deve quindi possedere una ottima visione di gioco e un’intelligenza tattica acuta. Proprio per questo, non raramente è anche capitano della squadra.
- mediano di mischia (numero 9 e 21). Primo giocatore del ruolo tre quarti, è colui che introduce la palla in mischia e fa ripartire tutte le azioni dopo un placcaggio: se guardate una partita, è quel piccoletto che va a caccia del pallone sotto alla pila di compagni e avversari, detta ruck.
- mediano di apertura (numero 10 e 22). È il regista della squadra, colui che smista i palloni che gli vengono passati del numero 9. Solitamente è anche molto bravo al piede e può quindi calciare in allontanamento o piazzare il pallone tra i pali per segnare dei punti.
- primo e secondo centro (numero 12, 13, talvolta 22 e 23). Sono grossi, ma meno degli uomini di mischia, e velocissimi. Devono portare avanti il pallone, se necessario cercare di sfondare la difesa oppure passarlo ulteriormente ai compagni. Il loro ruolo è molto importante anche in fase difensiva: un errore dalle loro parti può infatti aprire la strada alla meta avversaria. Assieme ai flanker, sono sovente i migliori placcatori nelle statistiche a fine partita.
- ali (numero 11, 14, talvolta 22 e 23). Sono i più veloci della squadra: devono solitamente prendere il pallone e correre finché arrivano a destinazione o vengono placcati. Negli ultimi anni si è assistito all’avvento di giocatori nel ruolo di ala molto veloci ma anche grossi, non è raro che possano pesare 100 kg o anche di più, allo scopo di vincere lo scontro diretto con il difensore che tenta di opporvisi.
- estremo (numero 15 e 23). È veloce, preciso, e costituisce l’ultimo baluardo della difesa: un suo errore è sovente determinante. Essendo l’ultimo uomo, deve essere bravo con le mani e con i piedi, per ricevere calci di allontanamento e calciare a sua volta, oppure per smistare per i compagni. Partecipa attivamente anche all’attacco, arrivando veloce dalle retrovie soprattutto nei cambi di gioco da parte del numero 10.

Per quanto riguarda il campo da gioco, in questa sede è sufficiente dire che è lungo 100 metri da una linea di meta all’altra e può essere largo fino a 70 metri circa (è previsto un intervallo di misure consentite). Le linee continue sono quella di centro campo, da dove si cominciano le azioni all’inizio del primo e del secondo tempo e dopo ogni segnatura, quella dei 22 metri (cioè circa a metà strada tra il centro campo e la linea di meta), la linea di meta, sulla quale o oltre la quale è possibile schiacciare il pallone (e su cui sorge la porta, detta H), la linea di fondo campo e le linee di bordo campo. Vi sono poi alcune linee tratteggiate: quella dei 10 metri dal centro campo e quella dei 5 metri dalla linea di meta; lateralmente quelle dei 5 e dei 15 metri. Ognuna di queste linee risponde a delle regole ben precise e a volte anche difficili da ricordare per gli stessi giocatori, alcune delle quali saranno spiegate nel prossimo paragrafo.

Il gioco del rugby potrebbe sembrare un grande caos dove degli energumeni portano la palla finché non vengono buttati a terra da qualcun altro o uno di loro non arriva a fondo campo, oppure dove si calcia il pallone alla cazzo di cane finché uno non lo tiene in mano e decide di correre. Non è proprio così. Il gioco è dettato invece da regole molte precise e ferree e da situazioni molto particolari.
Una di queste è senza dubbio la mischia, tanto che i giocatori si dividono, come abbiamo visto, appunto tra quelli che vi partecipano e quelli che non vi partecipano: in essa i tre uomini di prima linea si legano con quelli della seconda linea, cui si legano le terze linee; al comando dell’arbitro, tutta il “pacchetto” così costituito si protende in avanti legandosi a quello avversario: le prime linee entrano direttamente in contatto, mentre le seconde e le terze spingono all’unisono per resistere alla spinta avversaria e se possibile guadagnare terreno; una volta che la mischia è stabile, il mediano può introdurre il pallone che viene tallonato e si continua il gioco. Ovviamente, in questa situazione concitata è possibile fare e subire diversi tipi di falli. Si ricorre alla mischia principalmente quando il pallone cade “in avanti” a un giocatore: i passaggi con le mani possono essere eseguiti infatti solo in linea o all’indietro.
Un'altra fase tipica e particolare è la touche o rimessa laterale: anche ad essa partecipano gli uomini di mischia e il mediano. Il tallonatore ha il compito di rimettere la palla in gioco a favore di un compagno che salta e viene sollevato da altri due per ottenere un vantaggio sul salto avversario. Anche questa fase si presta a falli e scorrettezze.
Dopo la touche, soprattutto se vicini alla meta, si assiste molto spesso alla maul: un giocatore tiene la palla in mano e rimane in piedi sospinto dagli altri; finché non cade o la spinta difensiva lo ferma, la maul può avanzare e arrivare anche fino alla segnatura. È possibile che si formi anche in altre situazioni, ma molto più raramente, ad esempio se un giocatore placcato riesce a non cadere.
Se invece cade assistiamo alla ruck: il placcato deve mettere a disposizione il pallone per i suoi compagni (pena il “tenuto a terra”), mentre viene aiutato da altri a non cadere preda di giocatori avversari che tentano di rubarglielo. Quando l’arbitro grida “ruck” i difensori non possono più cacciare il pallone ma devono attendere lo sviluppo del gioco, stando attenti a non finire in fuorigioco sulla ripartenza.

A questo punto, ho già introdotto alcune regole. Mancano però quelle più importanti, cioè quelle riguardanti il punteggio. È possibile segnare dei punti in diversi modi:
- meta. È la segnatura più ricercata, perché dà alla squadra 5 punti e la possibilità di ottenerne altri due con un calcio piazzato di trasformazione (potenziale gioco da 7 punti). La meta si raggiunge schiacciando a terra il pallone con le mani o con il tronco sulla linea di meta o al di là di essa, rimanendo all’interno delle linee laterali e di fondocampo. Qualora si verifichino più falli da parte della squadra in difesa nei pressi della propria linea di meta, l’arbitro può decretare una “meta tecnica” senza che il pallone oltrepassi la linea;
- calcio di trasformazione, già descritto in precedenza. Sottolineo che il pallone deve passare tra i pali ma sopra la traversa:
- calcio di punizione. Si tratta sempre di un piazzato, libero dalla difesa, che il giocatore deputato deve preparare e calciare entro un minuto dal fischio dell’arbitro, nel punto in cui il fallo è stato commesso. Vale 3 punti;
- drop. Calcio eseguito durante la fase di attacco, facendo prima rimbalzare il pallone a terra. Anche questo vale 3 punti.

Mi sembra opportuno descrivere la divisa da gioco e le eventuali protezioni permesse, visto e considerato anche la confusione che porta talvolta a confondere il rugby con il football americano. In questo sport i giocatori hanno calzoncini e maglietta. Punto. Sono permesse protezioni non rigide come il caschetto, utilizzato spesso dai giocatori di mischia o da coloro che hanno già subito traumi alla testa, maglie imbottite da portare sotto la divisa (sempre più rare tra i professionisti), guantini anch’essi rari. È possibile però una compilation di fasciature: andiamo dalla testa, con giri di nastro o tape a mo’ di fascia per proteggere le orecchie e la fronte, molto sollecitate nella mischia, alle braccia, gomiti, polsi, dita, alle cosce per aiutare il sollevamento in touche o alle ginocchia per limitare traumi passati.

Infine, vorrei ricordare un marchio che fa del rugby uno degli sport più amati: il rispetto per i compagni di squadra, per gli avversati e per l’arbitro. Non di rado si sente un giocatore chiedere scusa dopo un fallo o un cartellino (“sorry, Sir”), e pochissime volte si assiste a delle proteste: solo il capitano interloquisce con il direttore di gara per chiedere nota di questa o quella situazione.

Chiudo con un adagio che risale alla fondazione di questo splendido sport “il rugby è uno sport da animali giocato da gentiluomini”.