Isaac
Asimov (Petroviči, URSS 1920 – New York 1992) è considerato da molti critici
come uno dei padri della fantascienza, grazie a un numero elevatissimo di
pubblicazioni (qualche centinaio) che spaziano in vari sottogeneri. È invece a
tutti gli effetti il padre della robotica: infatti, nei suoi racconti e in alcuni
romanzi, ha stilato le famose tre leggi che regolano i rapporti tra automi ed
esseri umani, e ne ha affrontato le contraddizioni e le possibili difficoltà.
Le tre leggi della robotica recitano
infatti:
Prima
legge: Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che,
a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
Seconda Legge: Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli
esseri umani, a meno che questi ordini non contrastino con la Prima Legge.
Terza Legge: Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, a
meno che questa autodifesa non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.
Quindi, si
tratta di un sistema che non permette via di scampo e perciò del tutto sicuro.
Vedremo che non è così: come dovrebbe comportarsi un robot che riceve un ordine
da un uomo o una donna che si sono macchiati di delitti? Come agirebbe se dalla
perdita di una o poche vite umane dipendesse il destino dell’intera umanità?
Viceversa, come reagiscono gli uomini all’avvento dell’intelligenza
artificiale? Come si sentono quando vengono sostituiti da quella che, sebbene
umanoide, rimane sempre una macchina? Come avvengono le interazioni tra le due
parti quando nascono sentimenti quali amicizia o amore? Ma un robot può provare
dei sentimenti sinceri o rimangono comunque formule matematiche che imitano le
sensazioni umane?
A tutto
questo Asimov prova a dare risposta, analizzando di volta in volta varie
situazioni che egli stesso individua e diversifica nella raccolta Tutti
i miei robot, pubblicata per la prima volta nel 1982, che raggruppa racconti
già presenti nelle altre opere che costituiscono l’Antologia dei robot.
La prima
questione che andiamo ad affrontare è quella riguardante i robot non umani,
ovvero i robot in forma animale, che in un mondo futuro, probabilmente
sconquassato da avvenimenti apocalittici, naturali o artificiali, potrebbero
sostituire gli animali in carne ed ossa: la tesi sembra essere quella che
l’essere umano possa effettivamente provare affetto per un surrogato di amico a
quattro zampe, ma non sapremo mai se questo sentimento verrà ricambiato.
Veniamo ora
alle macchine vere e proprie, rispettivamente robot immobili e robot di
metallo. I primi sono dei supercervelloni elettronici che hanno il compito di
svolgere qualche mansione, ad esempio la gestione di una fabbrica, o la
soluzione di determinati problemi matematici: la loro spiccata intelligenza li
porta però a sentirsi rinchiusi nella propria scatola costretti a fare sempre
lo stesso lavoro, tanto da spingerli al malfunzionamento fino a un tentativo di
ribellione. I secondi sono per lo più macchine operatrici intelligenti, che si
rendono protagonisti di gesti inconsulti simili a quelli compiuti dai robot
immobili, ma molto più pericolosi per gli esseri umani.
I robot
dalla forma umana sono, naturalmente, i più interessanti, e sono quelli cui
Asimov dedica più tempo e spazio. Questi androidi possono anche presentare
difetti di fabbricazione che ne inibiscono il corpo o la mente (costituita dal cervello positronico), ma cosa succede
quando sorgono problemi con macchine che non hanno apparentemente alcun
difetto? È la questione cui si tenta di dare risposta nelle sezioni dedicate a Powell e Donovan, due tecnici che si
ritrovano spesso nei guai a causa di uno o più robot, e che si salvano nella
maggior parte dei casi in modo fortuito, e in quella, molto più ampia, relativa
a Susan Calvin. La dottoressa Calvin
è la prima, e unica, fino al pensionamento, robopsicologa: si occupa infatti di
scavare la psicologia dei robot che apparentemente non presentano alcun danno
fisico, attraverso domande specifiche, situazioni estreme, fino a rischiare la
propria vita per dimostrare la bontà di fondo della tecnologia positronica e
delle tre leggi. In diverse occasioni è chiamata a collaborare con la polizia,
nei casi in cui si pensa sia stato un robot a compiere reati, e riesce sempre a
trovare il colpevole dove tutti gli altri vedono androidi tutti perfettamente
uguali. Il suo carattere, però, la porta ad essere profondamente sola, priva di
calore umano e incapace di amare.
Ci avviamo
alla fine del volume, dove sono collocati, non a caso, i racconti che
costituiscono possibili apoteosi dell’esistenza di un robot. L’uomo bicentenario è probabilmente la
vicenda più nota, grazie anche al bellissimo film omonimo di Chris Columbus,
con protagonisti Robin Williams ed Embeth Davidtz: il protagonista, NDR 113,
ribattezzato Andrew, inizia la propria esistenza come maggiordomo e tata per la
famiglia Martin, cui si affeziona tanto da volerne far parte; chiede la formale
libertà al Signore (interpretato da Sam Neill), appoggiato dalle figlie, e alla
fine la ottiene; nel frattempo dimostra una grande abilità nel lavorare il
legno, tanto da potersi permettere un solido conto in banca e di contribuire
alle spese familiari. Dopo essersi trasferito, e mentre intorno a lui le
persone che conosce si ammalano, invecchiano e muoiono, decide di diventare un
essere umano, facendosi prima impiantare vera pelle e veri capelli, e poi via
via tutti gli organi interni. Arriva davanti a una corte che deve decretare la
sua umanità, mentre si avvia ai 150 anni di “vita”: la corte rifiuta, in quanto
la parte più importante di un essere umano, il cervello, rimane quello
positronico artificiale. Passano altri anni, e finalmente decide di trapiantare
anche quello, ben sapendo che sarebbe morto di lì a poco sotto il peso dei suoi
200 anni: allora la corte gli riconosce definitivamente lo status di essere
umano, e lui si addormenta felice per l’ultima volta. Nel film, romanzato ad
hoc, si interpone anche la storia d’amore tra un ormai quasi umano Andrew e la
bisnipote del Signore, vicenda assente nel racconto.
Sogni di robot, che vede come protagonista ancora
una volta Susan Calvin, si conclude invece molto velocemente e in modo
negativo: infatti, un robot che ha confessato di aver sognato, dopo aver
descritto il sogno, viene semplicemente distrutto. Non si può infatti
permettere a un automa la capacità di sognare, in quanto gli aprirebbe infinite
possibilità: ad esempio, non riuscendo più a distinguere la realtà
dall’esperienza onirica, potrebbe non curarsi più delle tre leggi, oppure
potrebbe sognare un dominio robot sugli esseri umani, e volerlo poi realizzare.
Abissi d’acciaio è il racconto più lungo del
volume Il grande libro dei robot: si tratta di una vicenda a metà
strada tra il fantascientifico, per la presenza dei robot in una New York
futuristica e racchiusa nel sottosuolo (in quanto l’aria non è più pura), e il
giallo, per il caso di omicidio che ne caratterizza la trama. Nella città di
Spacetown, sopraelevata rispetto alla vecchia Terra, vivono i cosiddetti
spaziali, uomini colti, retti e alquanto altezzosi, insofferenti alla rozzezza
dei terrestri; qui avviene un omicidio, del quale, si dice, il colpevole deve
essere un cittadino della vicina New York. La polizia metropolitana, nella
persona di Elijah Baley, deve collaborare con un collega spaziale, che è un
robot perché nessun spaziale scende nella sporca e malaticcia Terra. Inizia
quindi una strana convivenza dei due, caratterizzata prima da un certo sospetto
e da reticenza, poi da complicità che sfocia quasi nell’amicizia (se questo volesse
mai dire qualcosa per un robot comunque avanzatissimo come R. Daniel): scoprono
quindi una organizzazione che rifiuta le ultime innovazioni tecnologiche, primi
fra tutti i robot, e propone invece un ritorno alle campagne, ormai abbandonate
e lasciate ai contadini meccanici; il colpevole dell’omicidio si rivela essere
un rappresentante di questo gruppo, davvero insospettabile perché insignito di
un’alta carica cittadina. Il futuro della razza umana, invece, viene
individuato nella ricerca e colonizzazione di altri pianeti abitabili (già
trenta pianeti sono stati esplorati al momento in cui si svolge la vicenda).
Una serie
di problematiche, quindi, che sulla base delle tre leggi non dovrebbero
esistere e che invece sono reali ed estremamente pericolose per gli esseri
umani.
La robotica
sta effettivamente muovendo i suoi primi passi in questo inizio di terzo
millennio: le stesse leggi che regolavano personaggi di racconti
fantascientifici ora vengono inoculate nella semplice intelligenza artificiale che
abbiamo creato e vogliamo portare a livelli superiori. Saranno sufficienti?