Veniamo ora
all’esperienza che più mi ha aiutato a formarmi come persona, a farmi capire
chi sono, a crescere: si tratta del viaggio nella regione Sud del Brasile,
compiuto nel maggio del 2011.
La
spedizione è stata organizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo, allo scopo
di far incontrare e confrontare giovani veneti e brasiliani (di origine veneta
o friulana), creare amicizie e se possibile aprire a soluzioni lavorative ed
economiche tra le due sponde dell’oceano. Il nostro gruppo era formato da
diciassette persone, tra le quali il Presidente dell’associazione, giovani
attivi nella politica locale, e studenti, a rappresentare tutte le provincie
della nostra regione. Abbiamo visitato un Brasile diverso da quello che ci si
aspetta: non Rio de Janeiro e le sue spiagge, non la giungla dell’Amazzonia,
non le metropoli come San Paolo, ma i tre Stati federali del Sud, cioè Paraná,
Santa Catarina e Rio Grande do Sul, colonizzati a suo tempo da italiani e altri
emigranti, ora motore economico di tutto il Paese.
Vorrei
descrivere brevemente l’itinerario. Sarà utile al lettore non ferrato sull’argomento
una cartina di questa zona. Siamo partiti il 14 maggio alla volta di Colombo,
cittadina adiacente alla grande Curitiba, capitale del Paraná: nei tre giorni
trascorsi qui abbiamo avuto la possibilità di visitare le campagne e la città,
di incontrare molte persone e parlare con loro in dialetto veneto (o lingua
veneta come preferisco dire). Successivamente abbiamo effettuato un viaggio
piuttosto lungo per raggiungere Concórdia, cittadina nello Stato di Santa
Catarina, dove siamo stati ospitati per qualche giorno in famiglia e abbiamo potuto
constatare i successi nella vita e nel lavoro di molte famiglie discendenti da
emigranti. Da qui abbiamo proseguito verso il Rio Grande do Sul, facendo tappa
proprio nella prima città che si incontra venendo da nord, cioè Erechim: a mio
parere siamo rimasti troppo poco, vista e considerata anche l’agenda davvero
piena, che includeva incontri con il vicesindaco (in questo caso sono stato
nominato sul posto nostro portavoce) e con l’Associazione giovani imprenditori.
Poi abbiamo raggiunto il “cuore” dello Stato, ovvero la città di Santa Maria,
dove abbiamo soggiornato per cinque giorni, di nuovo ospitati in famiglia: le
attività che abbiamo svolto durante questa tappa sono state molteplici, dall’assistere
a uno spettacolo teatrale e a grandi feste in nostro onore, alla visita a
scuole, università, fabbriche e chi più ne ha più ne metta. Tanti sono stati
comunque anche i momenti di svago, come ad esempio la domenica passata in un
centro sportivo dove abbiamo potuto passeggiare, consumare un ottimo churrasco tutti assieme, compagni di
viaggio, ospiti, amici vari. Gli ultimi giorno sono stati piuttosto caotici: ci
spostavamo di giorno in giorno, a volte sostavamo solo per poche ore, un pasto
veloce con qualche autorità e poi via, verso la tappa successiva. Vorrei
ricordare due tappe, quella a Doutor Ricardo dove il simpatico sacerdote padre
Tremea recita e canta la messa in lingua veneta, e quella presso la cittadina
di Garibaldi, nelle vicinanze della più grande Caxías do Sul.
Due
settimane volate, piene zeppe di attività, momenti ufficiali, feste meno
ufficiali, balli e canti. Penso sempre con affetto a tutte le persone che ho
incontrato, con cui sono ancora in contatto, amici che ci hanno aperto le loro
case e raccontato le loro vite, e quelle dei loro antenati, solamente per l’origine
che ci accomuna, per questa lingua vera e vivente, troppo spesso sottovalutata,
per le tradizioni, la dedizione al lavoro e al sacrificio, la naturale
attitudine al riunirsi in comunità di sostentamento. Ne hanno passate tante i
nostri amici italo-brasiliani, a cominciare da quei “trenta giorni di nave a
vapore” ricordati in molte canzoni, per giungere in una terra ostile, selvaggia
(o “mata”), abbandonati dal governo centrale che aveva promesso fortuna e ricchezze.
Molti ce l’hanno fatta, le hanno trovate, o meglio se le sono costruite e
guadagnate. Molti altri no.
Vorrei
chiudere con un episodio che ho ben fissato nella memoria e mi fa ancora
inumidire gli occhi: un uomo, che ci ha concesso un’intervista a favore di
videocamera, quando gli abbiamo chiesto se gli sarebbe piaciuto tornare a
visitare l’Italia ha risposto subito sì, ma poi è scoppiato a piangere
dichiarando che quanto guadagnava non era sufficiente a pagare il viaggio.
Inoltre, molte persone lì sono convinte che, qualora provassero a cercare
vecchi parenti rimasti, si troverebbero porte chiuse in faccia: chi ci ha
provato ha avvertito paura, da parte degli italiani, di sentirsi rivendicare
qualche eredità o qualche diritto. Io, per quel che mi riguarda, vi accoglierò
sempre a braccia aperte come voi avete fatto con me. Grazie di cuore.
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