Recentemente ho avuto l’occasione di riflettere su quanti modi di dire esistono, in lingua italiana, relativi alla disciplina del pugilato. Di conseguenza, ho pensato di raccogliere alcuni detti e modi di dire che ritengo particolarmente affascinanti e peculiari.
Cominciamo
proprio dall’ambito della boxe, la “nobile arte”. Quante volte abbiamo sentito
dire “sei suonato”, “gettare la spugna”, “è alle corde”, fino al famosissimo
(sono certo che ognuno di noi lo usa almeno una volta al giorno) “K.O.”? Anche
se non ci abbiamo mai pensato, tutte queste frasi brevissime ma di immediato
impatto provengono proprio dal mondo del pugilato. Vediamole insieme.
L’aggettivo
“suonato”, mutuato dal participio
passato del verbo suonare, indica il suono della campanella, azionata dai
giudici di gara, che determina la fine dell’incontro di boxe. Spesso l’atleta
sconfitto ne esce disorientato e scosso, a volte privo di sensi: la persona cui
ci si riferisce nella vita di tutti i giorni presenta quindi, secondo chi usa
il termine, la caratteristica di agire in maniera scriteriata.
“Gettare la spugna” descrive invece
l’azione compiuta dall’allenatore (proprio il gettare in mezzo al ring la
spugna che solitamente si usa per idratare il volto del pugile), che, colta la
grave difficoltà in cui si trova il suo pupillo, preferisce porre fine
all’incontro che assistere a una penosa sconfitta.
Una persona
si definisce “alle corde” quando si
trova in una situazione senza via di uscita: l’espressione ricorda infatti
molto bene la posizione del pugile, sul bordo del quadrato, in balia
dell’avversario, senza scampo.
“Oggi sono
proprio KO”. Chi non l’ha mai detto?
Bene, le due letterine stanno a significare “Knock out”, termine inglese usato
in molte discipline di lotta per indicare la definitiva sconfitta di uno dei
due atleti. Il KO può essere determinato dall’arbitro, secondo il proprio
giudizio, anche se l’interessato potrebbe o vorrebbe continuare l’incontro.
Spostiamoci,
ora, ma di poco. Avete mai sentito dire, in dialetto romanesco, “te gonfio”? Si tratta di una minaccia,
non troppo velata, di pestare il malcapitato fino a provocare ematomi che
vanno, di fatto, a gonfiarne il volto. Questa espressione è stata resa celebre dagli
innumerevoli film di genere “commedia all’italiana”, spesso ambientati a Roma o
dintorni, ma per fortuna quasi sempre si trattava solamente di un espediente
narrativo per strappare una risata al pubblico.
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