mercoledì 3 febbraio 2016

Pechino


Il viaggio a Pechino (14-28 aprile 2005) è stato per me il più particolare, straordinario e shoccante della mia vita.
Si è svolto nell’ambito dei viaggi curricolari previsti dalla mia scuola, che vista la destinazione e dato che si trattava del primo rapporto con la Cina, è stato deciso di affidarci all’esperienza dell’Associazione Intercultura (conosciuta nel mondo come AFS), che ogni anno invia in e riceve da tutto il mondo ragazzi per scambi studenteschi e medi-lunghi periodi di residenza e studio.
Al viaggio hanno partecipato undici persone, di cui otto studenti, due insegnanti e un ospite.

I dati, i nomi e le informazioni che seguono sono tratti principalmente dal diario che ho tenuto durante tutto il soggiorno.

Vorrei cominciare parlando della città, delle persone che ho conosciuto e del comportamento di queste in alcuni casi.
I primi aggettivi che mi vengono in mente riguardo a Pechino sono caotica, sporca, puzzolente. Spero che nel frattempo, anche in occasione delle Olimpiadi del 2008, qualcosa sia stato sistemato, perché la mia esperienza in questo ambito è stata tutt’altro che positiva. Catapecchie fatiscenti a dir poco e palazzi popolari lasciano talvolta spazio a grattacieli e costruzioni modernissime; venditori ambulanti e senzatetto che raccolgono bottiglie di plastica per racimolare qualche centesimo scompaiono di fronte ai centri commerciali alla maniera occidentale che, a mio parere, tanto stridono con l’identità cinese. Detto questo, le case all’interno possono anche essere pulite e ben arredate, come è stato il mio caso.
La mia famiglia era infatti, da quello che ho capito, piuttosto benestante (la madre lavora in banca), con una bella automobile, il mio “fratello” cinese era un tipo emancipato e vivace, dagli hobby molto simili a quelli di un comune ragazzo occidentale. Mi sono trovato molto bene con loro, non mi hanno fatto mancare niente, tranne la buona cucina di casa…
Per quanto riguarda le norme di comportamento, anche in questo caso ci troviamo di fronte a enormi contraddizioni: uno studente è obbligato a pensare solo alla scuola e alle attività collegate (sport, musica, teatro), e a nient’altro, gli è fatto divieto infatti di avere (almeno ufficialmente) una ragazza o un ragazzo, di uscire la sera, di andare in un bar, perché potrebbe fargli perdere tempo destinato allo studio. Di conseguenza, gli insegnanti sono venerati e considerati educatori più importanti dei genitori, e possono impartire punizioni anche gravi ai ragazzi, ad esempio la pulizia dei locali della scuola. Dall’altro lato, le persone adulte si comportano talvolta in malo modo, almeno per i nostri gusti: mi sovviene una scena al ristorante in cui il nostro “papà” ha avuto un atteggiamento molto maleducato nei confronti del personale, non so perché; inoltre, il comportamento a tavola non è dei più corretti, sempre secondo il nostro modo di vedere, ma vorrei lasciare questa parte all’immaginazione…

La parte più interessante riguarda però i luoghi che abbiamo visitato.
Il primo posto è naturalmente occupato dalla Grande Muraglia (si chiama così in cinese, non “Muraglia Cinese”!), cui ci siamo recati un sabato: abbiamo avuto la possibilità di camminarci per un breve tratto, nel caos delle centinaia di turisti, e di fare dei piccoli acquisti. Questo tipo di esperienza giustifica da solo il viaggio.
Successivamente, è d’obbligo citare altri luoghi di interesse interni alla città. Il Museo delle Arti Povere non è un museo: è un agglomerato di botteghe dove artigiani specializzati producono oggetti e li vendono. Piazza Tien an men da sola è grande come una piccola città, vi soffia sempre un forte vento secco, ed è come noto la sede di tutti i monumenti di propaganda governativa, ma non solo. Vi sorge infatti la Città Proibita, cioè la vecchie residenza delle concubine dell’imperatore, cui solo lui e i servitori eunuchi potevano accedere: oggi è tutt’altro che proibita, anzi è uno dei luoghi più visitati.
Durante i quindici giorni di permanenza, ci siamo recati con frequenza anche fuori città.
La memoria va subito a un tempio buddista chiamato Xi shan ba da chu, situato sul fianco di una collina, ricco di statue, monumenti, e con un grazioso corso d’acqua nel mezzo: un luogo di pace e tranquillità che pare lontanissimo dal traffico cittadino. Tornando dalla Muraglia, è possibile visitare le tombe della dinastia Ming: a dire il vero, non mi è mai stato chiaro dove fossero le tombe, ma anche solamente i leoni e gli altri animali che sorvegliano il sentiero lastricato suscitano un certo fascino (stile “Mulan” per capirci). Vorrei ricordare inoltre la residenza estiva dell’imperatrice CiXi, una serie di edifici monumentali affacciati su un grazioso lago. Due sono state le nostre visite a luoghi molto particolari: il primo è un villaggio biologico, ovvero dove si produce rispettando l’ambiente, riciclando, utilizzando energia pulita (in Italia e in Europa sono molto diffusi, ma vi assicuro che in Cina è una mosca bianca); il secondo è un orfanotrofio per bambini molto piccoli nati con malformazioni, fondato e finanziato da una famiglia americana.

È giunto il momento di parlare della scuola.
Come ho già detto, l’istruzione e il rispetto per gli insegnanti e i luoghi di studio sono obbligatori e centrali nella vita un ragazzo cinese. Le lezioni, cui ho avuto la fortuna di partecipare, si svolgono in maniera molto silenziosa e ordinata, il professore parla e gli studenti ascoltano, intervengono solo se interpellati, subiscono punizioni si vario tipo in relazione allo sgarro compiuto.
La forza del regime si vede, come è ovvio, anche e soprattutto qui. Ogni lunedì tutti gli studenti (parliamo nel mio caso di qualche migliaio) si pongono in file ordinate nel campo da calcio, guardano l’alzabandiera, ascoltano prediche da parte di insegnanti o altre autorità, in assoluto silenzio.
Nonostante tutta questa attenzione alla forma, posso assicurare che almeno la mensa e i bagni sono tutt’altro che efficienti né puliti come dovrebbero. Anche qui mi affido alla vostra immaginazione…

A scuola, però, abbiamo avuto la fortuna di partecipare ad alcune lezioni certamente fuori dall’ordinario: non solo alcune ore dedicate allo studio di un piccolo frasario cinese, ad esempio saluti, presentazione, e cose simili, tenute da insegnanti di inglese che quindi potevano facilmente tradurre; parlo soprattutto di lezioni riservate a noi di arte, grafia, disegno, taglio, Tai Chi, cui credo poche persone possono dire di aver partecipato.

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