Il viaggio a Pechino (14-28 aprile 2005) è stato per me il più particolare, straordinario e shoccante della mia vita.
Si è svolto
nell’ambito dei viaggi curricolari previsti dalla mia scuola, che vista la
destinazione e dato che si trattava del primo rapporto con la Cina, è stato
deciso di affidarci all’esperienza dell’Associazione Intercultura (conosciuta
nel mondo come AFS), che ogni anno invia in e riceve da tutto il mondo ragazzi
per scambi studenteschi e medi-lunghi periodi di residenza e studio.
Al viaggio
hanno partecipato undici persone, di cui otto studenti, due insegnanti e un
ospite.
I dati, i
nomi e le informazioni che seguono sono tratti principalmente dal diario che ho
tenuto durante tutto il soggiorno.
Vorrei
cominciare parlando della città, delle persone che ho conosciuto e del
comportamento di queste in alcuni casi.
I primi
aggettivi che mi vengono in mente riguardo a Pechino sono caotica, sporca,
puzzolente. Spero che nel frattempo, anche in occasione delle Olimpiadi del
2008, qualcosa sia stato sistemato, perché la mia esperienza in questo ambito è
stata tutt’altro che positiva. Catapecchie fatiscenti a dir poco e palazzi
popolari lasciano talvolta spazio a grattacieli e costruzioni modernissime;
venditori ambulanti e senzatetto che raccolgono bottiglie di plastica per
racimolare qualche centesimo scompaiono di fronte ai centri commerciali alla
maniera occidentale che, a mio parere, tanto stridono con l’identità cinese.
Detto questo, le case all’interno possono anche essere pulite e ben arredate,
come è stato il mio caso.
La mia
famiglia era infatti, da quello che ho capito, piuttosto benestante (la madre
lavora in banca), con una bella automobile, il mio “fratello” cinese era un
tipo emancipato e vivace, dagli hobby molto simili a quelli di un comune
ragazzo occidentale. Mi sono trovato molto bene con loro, non mi hanno fatto
mancare niente, tranne la buona cucina di casa…
Per quanto
riguarda le norme di comportamento, anche in questo caso ci troviamo di fronte
a enormi contraddizioni: uno studente è obbligato a pensare solo alla scuola e
alle attività collegate (sport, musica, teatro), e a nient’altro, gli è fatto
divieto infatti di avere (almeno ufficialmente) una ragazza o un ragazzo, di
uscire la sera, di andare in un bar, perché potrebbe fargli perdere tempo
destinato allo studio. Di conseguenza, gli insegnanti sono venerati e
considerati educatori più importanti dei genitori, e possono impartire
punizioni anche gravi ai ragazzi, ad esempio la pulizia dei locali della scuola.
Dall’altro lato, le persone adulte si comportano talvolta in malo modo, almeno
per i nostri gusti: mi sovviene una scena al ristorante in cui il nostro “papà”
ha avuto un atteggiamento molto maleducato nei confronti del personale, non so
perché; inoltre, il comportamento a tavola non è dei più corretti, sempre
secondo il nostro modo di vedere, ma vorrei lasciare questa parte all’immaginazione…
La parte
più interessante riguarda però i luoghi che abbiamo visitato.
Il primo
posto è naturalmente occupato dalla Grande Muraglia (si chiama così in cinese,
non “Muraglia Cinese”!), cui ci siamo recati un sabato: abbiamo avuto la
possibilità di camminarci per un breve tratto, nel caos delle centinaia di
turisti, e di fare dei piccoli acquisti. Questo tipo di esperienza giustifica
da solo il viaggio.
Successivamente,
è d’obbligo citare altri luoghi di interesse interni alla città. Il Museo delle
Arti Povere non è un museo: è un agglomerato di botteghe dove artigiani
specializzati producono oggetti e li vendono. Piazza Tien an men da sola è
grande come una piccola città, vi soffia sempre un forte vento secco, ed è come
noto la sede di tutti i monumenti di propaganda governativa, ma non solo. Vi
sorge infatti la Città Proibita, cioè la vecchie residenza delle concubine
dell’imperatore, cui solo lui e i servitori eunuchi potevano accedere: oggi è
tutt’altro che proibita, anzi è uno dei luoghi più visitati.
Durante i
quindici giorni di permanenza, ci siamo recati con frequenza anche fuori città.
La memoria
va subito a un tempio buddista chiamato Xi shan ba da chu, situato sul fianco
di una collina, ricco di statue, monumenti, e con un grazioso corso d’acqua nel
mezzo: un luogo di pace e tranquillità che pare lontanissimo dal traffico
cittadino. Tornando dalla Muraglia, è possibile visitare le tombe della
dinastia Ming: a dire il vero, non mi è mai stato chiaro dove fossero le tombe,
ma anche solamente i leoni e gli altri animali che sorvegliano il sentiero
lastricato suscitano un certo fascino (stile “Mulan” per capirci). Vorrei
ricordare inoltre la residenza estiva dell’imperatrice CiXi, una serie di
edifici monumentali affacciati su un grazioso lago. Due sono state le nostre
visite a luoghi molto particolari: il primo è un villaggio biologico, ovvero
dove si produce rispettando l’ambiente, riciclando, utilizzando energia pulita
(in Italia e in Europa sono molto diffusi, ma vi assicuro che in Cina è una
mosca bianca); il secondo è un orfanotrofio per bambini molto piccoli nati con
malformazioni, fondato e finanziato da una famiglia americana.
È giunto il
momento di parlare della scuola.
Come ho già
detto, l’istruzione e il rispetto per gli insegnanti e i luoghi di studio sono
obbligatori e centrali nella vita un ragazzo cinese. Le lezioni, cui ho avuto
la fortuna di partecipare, si svolgono in maniera molto silenziosa e ordinata,
il professore parla e gli studenti ascoltano, intervengono solo se
interpellati, subiscono punizioni si vario tipo in relazione allo sgarro
compiuto.
La forza
del regime si vede, come è ovvio, anche e soprattutto qui. Ogni lunedì tutti
gli studenti (parliamo nel mio caso di qualche migliaio) si pongono in file
ordinate nel campo da calcio, guardano l’alzabandiera, ascoltano prediche da
parte di insegnanti o altre autorità, in assoluto silenzio.
Nonostante
tutta questa attenzione alla forma, posso assicurare che almeno la mensa e i
bagni sono tutt’altro che efficienti né puliti come dovrebbero. Anche qui mi
affido alla vostra immaginazione…
A scuola,
però, abbiamo avuto la fortuna di partecipare ad alcune lezioni certamente
fuori dall’ordinario: non solo alcune ore dedicate allo studio di un piccolo
frasario cinese, ad esempio saluti, presentazione, e cose simili, tenute da
insegnanti di inglese che quindi potevano facilmente tradurre; parlo
soprattutto di lezioni riservate a noi di arte, grafia, disegno, taglio, Tai
Chi, cui credo poche persone possono dire di aver partecipato.
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