La prima metà del mese di luglio 2014 non è stata solo il periodo conclusivo del Campionato mondiale di calcio,nemmeno per il Paese ospitante, il Brasile.
La
Presidente Dilma Rousseff, infatti, si è ripresa molto velocemente dalla
figuraccia rimediata sul campo dalla sua nazionale, tornando a concentrarsi
sull’economia. Il 13 luglio, infatti, alla vigilia del IV Summit dei Paesi
cosiddetti “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), la signora
Rousseff ha incontrato personalmente il Presidente russo Vladimir Putin, allo
scopo di rilanciare (con l’obiettivo di raddoppiare) i rapporti bilaterali tra
i due Stati. Una volta riconosciuto che il valore degli scambi commerciali ha
subito un leggero calo nel 2013, attestandosi a circa 5,5 milioni di dollari,
hanno dichiarato che il gap verrà recuperato e il valore potrebbe raddoppiare a
medio termine. In particolare, il presidente Putin si è detto molto soddisfatto
del rapporto con il Brasile e sicuro che i due Paesi, collaborando insieme,
potranno risolvere tutti i problemi che hanno portato alla recente frenata
negli investimenti.
Uno dei
settori più interessati appare l’industria, in particolare quella altamente
tecnologica: numerose aziende russe del settore sono infatti attive sul
territorio brasiliano.Da segnalare, in relazione a questo, la decisione presa
dai Paesi dell’Unione Europea di proibire l’esportazione verso la Russia di
beni che possono essere utilizzati nel processo di estrazione e lavorazione del
petrolio, quali tubi e accessori, macchinari per il sollevamento e loro parti,
pompe idrauliche e loro parti, autoveicoli per usi speciali (gru, autopompe,
betoniere), piattaforme di perforazione (“Official
Journal of the European Union”, 13.07.2014, I.229).
Una notizia
più recente riguarda inoltre l’import-export di prodotti alimentari. Dopo la
decisione di Mosca di bloccare l’importazione di molti prodotti (tra cui carne
e insaccati, pesce, verdura, frutta, latte e derivati, preparazioni alimentari di
vario tipo) da Unione Europea e Stati Uniti, come conseguenza alle sanzioni
legate alla crisi ucraina (“Ukaza Presidenta Rossijskoj Federacii ot
6 Avgusta 2014 / 560” - “Decreto del Presidente della Federazione Russa del
6 Agosto 2014 / n. 560”), appare chiaro che altri Paesi ne trarranno vantaggio.
Uno di questi è senza dubbio il Brasile.
Neri
Geller, Ministro dell’agricoltura, ha dichiarato che il Paese sudamericano
aumenterà l’esportazione di carne e latticini proprio verso la Russia. Questo
rappresenta un’opportunità molto gradita ai produttori che hanno registrato un
certo calo nel mercato interno. Attualmente, il Brasile esporta verso la Russia
47mila tonnellate di pollame, 134mila tonnellate di carne suina e 330mila
tonnellate di carne bovina.
Questa
apertura del governo di Mosca rappresenta un novità in quanto finora la Russia
era sempre stata reticente a importare prodotti destinati all’alimentazione
umana dal Brasile, soprattutto per motivi igienico-sanitari.
Gli Stati
Uniti per il momento incassano il colpo, anche perché oltre al Brasile
procedono in questa direzione altri Stati latinoamericani, quali Ecuador, Cile,
Argentina, tutte nazioni che hanno manifestato una precisa volontà di autonomia
da Washington. Inoltre, i BRICS, durante il già citato summit, si sono proposti
di creare enti di credito alternativi al Fondo Monetario Internazionale e alla
Banca Mondiale, nei quali nonostante la loro potenza economica hanno veramente
scarso potere politico. Tra le proposte figura una nuova banca per lo sviluppo,
che,nei piani dei Paesi fondatori, potrà disporre di un capitale iniziale di
cento miliardi di dollari, a partire dal 2016. L'idea è quella di giungere
all'obiettivo, tutt’altro che semplice, è di superare il dollaro come valuta di
riserva.
Viene da
chiedersi però quali potranno essere le contro-contromisure da parte degli
Stati Uniti nel caso in cui questi progetti andassero in porto. Washington si
trova nella posizione di dare un ultimatum ai partner latinoamericani (“O con
noi o contro di noi”)? I Paesi citati si troverebbero quindi di fronte a una
scelta difficile che potrebbe sconvolgere i rapporti economici e politici
esistenti, con echi in tutto il mondo.
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