Dopo aver
parlato dei vari culti che compongono la religione cristiana, è interessante e
doveroso secondo me descrivere brevemente anche le correnti della religione
islamica. Questo forse potrà contribuire a mitigare i pregiudizi che spesso ci
confondono e la paura che i media, soprattutto in questo periodo,
contribuiscono ad alimentare.
L’Islam è
la seconda religione monoteista per numero di fedeli (circa il 23% della
popolazione mondiale, stanziata soprattutto in Asia e in Africa), è stata
fondata dal profeta Muhammad nel 622
a Medina, città in cui dovette rifugiarsi scappando da La Mecca: la fuga, o Egira, sancisce proprio l’inizio del
computo cronologico islamico.
La
religione si basa su cinque pilastri che ogni credente deve osservare: la
testimonianza (shahada), che dimostra
l’adesione del fedele; la preghiera (salat),
da effettuarsi cinque volte al giorno a intervalli stabiliti; l’elemosina (zakat) ai poveri e bisognosi, in
relazione alle proprie possibilità; il periodo di ramadan, ovvero di digiuno diurno; il pellegrinaggio a La Mecca (hajj), almeno una volta nella vita.
Il testo
sacro dei musulmani è il Corano (al-Qur’an), considerato come l’ultima
affermazione, mai più modificabile, della volontà divina attraverso la voce
dell’ultimo profeta Muhammad. Non vengono riconosciuti come testi sacri quelli
delle altre grandi religioni monoteiste, in quanto di origine divina ma
corrotti dal tempo e della malizia degli uomini, sebbene vi siano molti profeti
in comune, tra i quali Adamo (primo profeta), Abramo, Isacco, Noè, Mosè,
Giuseppe, e lo stesso Gesù. Altro testo molto importante è la Sunna, ovvero la raccolta, prima orale
poi scritta, di detti (o non detti) e azioni (o inazioni) imputati al Profeta.
Il luogo
deputato al culto, ma non indispensabile, è la moschea (masjid), che viene anche descritta come luogo di incontro,
di studio e di riposo. A livello artistico, la moschea è forse la più grande
rappresentazione dell’arte sacra islamica, caratterizzata soprattutto dalla
geometria delle forme, come collegamento tra dimensione umana e divina e come
prova delle grandi conoscenze matematiche conseguite dal popolo arabo, e
dall’assenza di raffigurazioni umane, in quanto nessun uomo, tranne il Profeta,
può intercedere presso Dio. Né il muezzin (Muʾadhdhin), che chiama alla preghiera, né l’imam, esperto della liturgia, né gli
ulema ('Ulam’a), profondi conoscitori
e interpreti dei testi sacri (diremmo “teologi”), sono infatti da considerare paragonabili
ai nostri sacerdoti.
All’interno
dell’Islam sono nate nei secoli diverse correnti.
Il gruppo
più importante per numero di fedeli è quello sunnita (87-90%), che riconosce la validità della Sunna come testo
sacro e si arroga la vera e giusta interpretazione del Corano; è maggioritario
in tutti i Paesi islamici tranne Iran, Iraq, Azerbaijan, Libano, Bahrein e
Oman.
Al secondo
posto si collocano gli sciiti, la
minoranza più rappresentata (10-13%), che diventa maggioranza nei Paesi
sopraccitati. Essi si richiamano all’eredità di ʿAlī ibn Abī Ṭālib, cugino e genero di Muhammad, che avrebbe dovuto
essere il suo primo successore, o Califfo, ma venne preceduto da altri tre che
gli sciiti non riconoscono. Questo contenzioso non è mai stato risolto e ha
dato luogo nella storia a numerosissime e sanguinosissime guerre, e tutt’ora è
causa di attriti fra gli Stati di religione islamica.
Il terzo gruppo è costituito dai kharigiti, un tempo molto più
numerosi, di cui sussiste oggi solo l’ala ibadita: sostanzialmente essi si
oppongono al Califfo Ali che, a loro dire, avrebbe usurpato il trono legittimo
del Califfo ‘Othmàn ibn ‘Affàn.
Vi sono poi altri culti di derivazione islamica ma considerati molto
lontani dall’ortodossia. I più conosciuti sono gli alawiti, una setta
minoritaria di ispirazione sciita, noti alle cronache per essere il credo di
appartenenza della famiglia reale siriana; i drusi, fedeli alla
predicazione dell’egiziano al-Darazi e oggi presenti in piccoli gruppi solo in
Libano, Siria, Giordania e Israele; i sikh, indiani monoteisti che si
dichiarano musulmani anche se molti esperti ritengono si tratti ormai di una
religione a sé stante; gli yazidi, che professano un culto sincretista
iracheno molto antico e che presenta alcuni tratti in comune con l’islam (come
pure con il cristianesimo e con l’ebraismo).
Vi sono due termini legati alla religione musulmana molto usati nelle
cronache di attualità, a volte a ragione, spesso in maniera imprecisa.
Uno di questi è sharia: si tratta della legge di Dio, che riguarda
il culto e gli obblighi rituali, e deve essere quindi slegata dalla
giurisprudenza. Solo in alcuni casi la legge divina diventa legge dello Stato,
come ad esempio in Iran e in Arabia Saudita: purtroppo anche gli ulema
convengono che la pena di morte sia prevista e giustificata in caso di
omicidio, adulterio, blasfemia e apostasia. Tutti gli altri casi di cui
sentiamo parlare, come ad esempio le esecuzioni per omosessualità, non sarebbero
quindi previsti. Nemmeno è previsto un trattamento offensivo o di sottomissione
nei confronti delle donne, cui il Corano stesso riconosce diritti e doveri pari
a quegli degli uomini. Ancora una volta, come possiamo vedere, è l’interpretazione
sbagliata di alcuni passi dei testi sacri che determina sofferenze inaudite (ma
non è forse un caso simile a quello dei roghi contro eretici e streghe?).
Il secondo termine è jihad, la cui traduzione più semplice è “sforzo”.
È possibile quindi tutta una serie di possibili significati, tra i quali sembra
prevalere lo slancio per raggiungere un dato obiettivo e può fare riferimento
allo sforzo spirituale del singolo individuo per migliorare sé stesso. Nondimeno,
molti gruppi politici e religiosi hanno utilizzato la parola jihad unicamente
con il significato di “guerra santa”, che è poi la connotazione che
generalmente le viene riconosciuta in occidente.
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