martedì 2 febbraio 2016

Spinte indipendentiste: il caso Transnistria


La Transnistria (nome ufficiale in lingua romena Unităţile Administrativ-Teritoriale din Stînga Nistrului, Unità amministrativa territoriale di Transnistria) è uno stato de facto indipendente dal 1990, anche se non riconosciuto dai Paesi membri dell’ONU, attualmente rivendicato dalla Moldavia e posto sotto tutela della Russia.
Si colloca lungo il confine tra Moldavia e Ucraina, a est del fiume Nistru (Dnestr), da cui prende il nome.
La popolazione ammonta a circa 600.000 persone distribuite per lo più nelle città principali, Tiraspol, la capitale, e Bender (nome di origine turco e comunemente più usato, in alternativa si può trovare il termine daco Tighina). I gruppi linguistici moldavo, ucraino e russo sono egualmente distribuiti (circa 30% cadauno, dati del 2004): il confronto con il censimento precedente (1989) indica un sensibile calo della popolazione moldava, probabilmente causato da emigrazione interna o esterna.Come tutta la Moldavia, infatti, la regione è caratterizzata da una forte emigrazione, anche verso l’Italia. La lingua moldava, comunque, qualora ne venga concesso l’uso (la lingua ufficiale è il russo), deve essere scritta con caratteri cirillici, così come le targhe automobilistiche (si tratta di un unicum: anche in Russia e Bielorussia, ad esempio, si usano caratteri latini, o, meglio, caratteri comuni ai due alfabeti).
Le istituzioni attive sul territorio comprendono forze armate e paramilitari, equipaggiate anche con mezzi aerei, un contingente di soldati russi (circa 2000 unità), ufficialmente posti a difesa di depositi di armi di eredità sovietica, e una polizia di frontiera.
L’ex Presidente, Igor' Nikolaevič Smirnov, è anche titolare dell’azienda più importante del territorio, denominata Sheriff, che controlla virtualmente l’intera economia della regione, purtroppo fortemente influenzata dal contrabbando di armi e stupefacenti e dal transito di clandestini diretti verso l’Europa occidentale. La moneta corrente è il rublo della Transnistria, non riconosciuta dai circuiti internazionali.
La Transnistria è membro fondatore, assieme a Ossezia del Sud e Abkazia (altri due Stati de facto indipendenti ma riconosciuti solamente dalla Russia), della Comunità per la Democrazia e per i Diritti dei Popoli (istituita il 17 novembre 2006).

Recentemente, a seguito delle vicende ucraine, l’attenzione verso questa regione è aumentata e il governo stesso ha chiesto l’adesione alla Russia così come la Crimea.
La spinta secessionista (anche se pare trattarsi più di desiderio di venire annessi dalla Russia) della Transnistria è stata paragonata a quelle scozzese, catalana, veneta o fiamminga. A mio parere, i casi non sono paragonabili.
Tutti gli esempi citati, infatti, hanno almeno un punto in comune tra di loro: una lingua (talvolta declassata a dialetto) corrente, utilizzata dalla maggior parte della popolazione, diversa da quella ufficiale dello Stato.
Un altro punto fisso è costituito dal riconoscimento, da parte dei diretti interessati e anche della storiografia, di un passato in cui la regione era indipendente (Scozia, Repubblica Serenissima) e rifiutava rigorosamente l’annessione, fino a diventare scenario di sanguinose guerre. Inoltre, di recente, abbiamo avuto diverse manifestazioni di come la spinta indipendentista sia forte: cortei in Catalogna (gli organizzatori e la polizia hanno dichiarato la presenza di quasi due milioni di persone a Barcellona l’11 settembre 2014), in Veneto (soprattutto a Venezia, ma è d’obbligo citare le Feste del Popolo Veneto che si tengono annualmente a Cittadella -provincia di Padova- e in altre località); sono stati anche indetti dei referendum di consultazione popolare, primo fra tutti quello scozzese, ufficiale, che ha rischiato effettivamente di produrre una scissione tra la Scozia e il Regno Unito, poi quelli in Veneto e Catalogna, dal valore solo simbolico e forse poco indicativi delle reali volontà della popolazione; da sottolineare, inoltre, l’importanza che i partiti indipendentisti fiamminghi stanno acquisendo nella politica nazionale belga.
Il caso della Transnistria sembra non presentare nessuna di queste caratteristiche, tranne forse l’organizzazione di mobilitazioni popolari e l’istituzione di feste “nazionali”. Il punto cruciale è costituito dal fatto che la spinta all’indipendenza o all’eventuale annessione da parte della Russia arriva, appunto, solamente dai cittadini e dai militari di origine russa. Questi negli ultimi anni si sono resi protagonisti di gravi manifestazioni di forza, come la chiusura forzata di sei scuole in lingua moldava nel 2004.

Comunque, la Transnistria non sembra rivestire l’importanza strategica di regioni come la Crimea o il territorio di Donetsk-Luhansk. La prima, infatti, è abitata in maggioranza da russi ed è rivendicata dalla Federazione, inoltre ospita truppe e parte della flotta russe. Il secondo, invece, è posto al confine geografico e politico tra il governo filoeuropeo di Kiev e quello di Mosca.

Il governo moldavo, dal canto suo, è decisamente proiettato verso ovest, posizione che ha prodotto come risultato, tra gli altri, la decisione da parte della Russia di non importare vino dall’ex repubblica sovietica: misura quantomai punitiva, considerato il fatto che si tratta di uno dei prodotti agricoli più importanti.

Nessun commento:

Posta un commento